MONASTERO DEI CAPPUCCINI XVI SECOLO COSENZA
MONASTERO DEI CAPPUCCINI XVI SECOLO COSENZA
Edificato all'inizio del XVII secolo sopra i resti della più antica Cattedrale cittadina titolata a San Pancrazio, distrutta durante il terremoto del 1184 e dove morirono il Vescovo Rufus e tutto il Capitolo. Una struttura che tra il seicento e il settecento si è espressa attraverso importanti commissioni architettoniche e artistiche ma che non può prescindere anche dai dettami conciliari e ancora oggi si presenta come esempio di architettura minoritica di grande interesse. Di austera bellezza il convento a pianta quadrangolare, si presenta disposto su due ordini intorno al chiostro formato da 28 campate, 7 per ogni lato di cui ogni centrale da accesso al giardino con pozzo. Il chiostro chiuso rivela la propensione dei Cappuccini ad una ipotetica scelta di clausura. L’ordine superiore, cinto da un loggiato ospitava i locali del dormitorio e le celle dei frati, da qui l’unico accesso al pulpito e al coro della Chiesa, ancora su questo piano una piccolissima cappella destinata ai frati sofferenti e impossibilitati di assistere direttamente alla messa, questa decorata a stucchi con citazione di un più antico gotico Rayonnant. Tutta la parte del convento è impreziosita da affreschi del settecento. All’Immacolata Concezione viene dedicata la Chiesa annessa, edificata nella caratteristica forma legata all’ordine mendicante, chiesa-fienile o anche detta ad aula. La facciata principale della chiesa che fino ai primi del novecento alloggiava la campana messaggera del versetto “Et verbum caro factum est habitavit in nobis 1680”, si presenta come effettivo punto focale di tutta la struttura, stretta e snella manifesta subito l’idea dell’ impianto longitudinale, dove il tetto cuspidale va ad indicare una costruzione in cui lo spazio interno viene pienamente sfruttato sia in lunghezza che in altezza. La chiesa a pianta mono-navata, oggi proposta con semplice sistema di copertura a capriate lignee realizzata negli anni ’90 a seguito di un crollo, apre e chiude la navata con due grandiosi archi trionfali, ma il suo impianto murario originale rivela un sistema di piccole volte a crociera, chiaro richiamo ad esempi di architetture precedenti legate all’Ordine francescano. Il dominio visivo spetta sicuramente all’arco trionfale che apre al presbiterio, in origine anche questo coperto da una volta a crociera e canonicamente separato dalla zona destinata ai fedeli da una balaustra sormontata da cancellata in ferro. La zona consacrata al clero si elevava su quattro gradoni dove l’altare rimane centro e riferimento di tutta la chiesa in quanto luogo dove la mensa eucaristica diventa punto di arrivo per i fedeli. L’altare maggiore nella sua nuova veste baroccheggiante, si va anche a sposare magnificamente con tutto l’aspetto decorativo, ci troviamo difronte ad un altare sicuramente importante dai forti richiami sia nei colori sia nei simboli al culto mariano, ma che nella sua nuova veste va a tradire la regola dell’Ordine, la costruzione della “povertà”. La sua importante nella storia della città viene dimostrata attraverso committenze prestigiose, una per tutte la preziosa tela con l'Immacolata e Dio Padre opera di Luca Giordano, oggi conservata nel Museo Diocesano di Cosenza. La struttura e la vita dei frati viene scandita da differenti disavventure, disastri naturali, dall’arrivo dei francesi che di una parte ne fanno l'ospedale per l’esercito francese e carcere. Nel 1809 durante la soppressione di diversi ordini religiosi del Regno di Napoli ed il convento diventa prima caserma e poi nel 1813 nuovamente ospedale. Ma è nel 1880 che termina nella memoria collettiva la vita legata al Convento e ne inizia una moralmente più buia quella dell’Ospizio Umberto I «luogo di segregazione per chi non trovava altre caselle sociali disposte ad accoglierlo; luogo in cui individui, per varie ragioni considerati inutili, entravano in un processo ben organizzato di invisibilizzazione del proprio specifico umano». Da qui l'oblio!
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